Gaetano Manfredi ha aperto un fronte delicato, che va ben al di là della evidente debolezza dei partiti e del loro sbandamento. Il tema dell’indebitamento dei comuni, soprattutto delle grandi città, ha due focus: la insostenibile debolezza amministrativa e finanziaria degli Enti locali e la perniciosa consistenza di un debito pubblico diffuso che affossa l’economia privata. I comuni non possono fallire, è chiaro. I Comuni, quindi, possono indebitarsi perché la legge crea una serie di ostacoli ai legittimi diritti dei creditori da rendere i crediti stessi quasi inesigibili. I comuni vivono di trasferimenti e di entrate proprie. I primi sono iniquamente distribuiti sul territorio e le seconde, esclusivamente di natura tributaria, sono di difficile esazione. I Comuni non hanno per lo più mai acquisito una capacità manageriale tale da riuscire a implementare le risorse complessive con politiche di investimento remunerative. I comuni non hanno investito sul futuro, immettendo nei propri circuiti efficienza e modernità per combinare innovazione e tradizione. Hanno aperto il pubblico al privato ma prendendo dell’uno e dell’altro segmento sociale la parte improduttiva. Come si dice si sono socializzate le perdite e privatizzati i profitti. Le società di servizi, operano in regime privatistico, con autonomia gestionale e di bilancio, ma prendono risorse dalla finanza pubblica. Vuol dire che se il servizio non funziona o si va in difficoltà finanziaria scattano le salvaguardie pubblicistiche.
Il problema in tutto questo non sono i Comuni, ma la approssimativa azione riformatrice operata negli anni, che ha stratificato norme a volte incompatibili tra loro, e la insostenibile leggerezza della politica nazionale.
I Comuni hanno fatto quel che potevano.
Insomma la richiesta di Manfredi cosa prevede? Semplicemente una cessione del debito del Comune di Napoli (nei confronti dei privati) allo Stato, il quale, già affossato dal proprio debito, ha difficoltà ad assumerlo nel proprio bilancio. Quindi la discussione è travalicata verso l’ipotesi di rottamazione dei debiti, quindi a spese dei cittadini creditori. E si è bloccato. Perché va chiarito che anche la evocata Legge Speciale per Roma, prevede la possibilità di investimenti speciali per la Capitale sempre bloccando il recupero crediti nei confronti del Comune e aumentando imposte e tasse. Quando evochiamo l’intervento finanziario dello stato non dobbiamo dimenticare che “il denaro pubblico non esiste. Non esiste che il denaro dei contribuenti” (Margareth Thatcher).