Concessioni balneari: può decidere il Governo
Quello delle concessioni demaniali è un tema sul quale il Governo italiano dovrebbe mettere la testa una volta e per tutte. L’idea di ricominciare a mappare il demanio marittimo, lacuale e fluviale appare come un ennesimo espediente per guadagnare tempo. E di tempo proprio non ne abbiamo, rispetto al tema specifico e rispetto al contesto socioeconomico più in generale. Dobbiamo riguadagnare autorevolezza nell’Ue per poter negoziare dossier come Pnrr o immigrazione o difesa comune e politica estera o patto di stabilità, ma la strada è scivolosa. Non possiamo aggiungere altre bolle di sapone. La soluzione è politica. Si tratta di scegliere e decidere. Quello che ha impedito progressi nell’ultimo decennio è la mancanza di politica. Purtroppo in un Paese divaricato tra chi si ritiene già soddisfatto per averla fatta franca per circa 15 anni e chi non tollera più il disagio per la incompiutezza regolatoria così prolungata di un settore nevralgico o tra quelli che dividono il mondo in beneficiati ed esclusi, furbi e onesti o ancora nazionalisti ed europeisti, i governi, inseguendo il consenso e non il senso delle cose, non hanno deciso. È dal 2009 che, tra un negoziato e l’altro, rinviamo la soluzione del problema. Oggi, che abbiamo finalmente un governo politico e un Presidente del Consiglio scelto dai cittadini, di un settore nevralgico come quello del Turismo Balneare, dobbiamo riprendere in mano la guida, senza scorciatoie nè vie di fuga, ma con l’autorevolezza di chi tutela l’interesse nazionale, nel rispetto del quadro normativo europeo, come hanno fatto altri paesi membri. L’interesse nazionale è principio base, contrariamente alla opinione populista, della costituzione europea così come lo sono la libertà di circolazione e di stabilimento. Peraltro c’è poco da protestare contro l’Europa cattiva e fare del vittimismo. Dimentichiamo che la Direttiva 2006/123/CE è stata proposta dall’allora Commissario Europeo per la Concorrenza e il Mercato Interno della UE, Frits Bolkestein, ma è stata approvata all’unanimità dalla Commissione Europea, presieduta all’epoca da Romano Prodi. Così come dimentichiamo che, con l’approvazione della Legge n. 25 del 26/2/2010, abrogato il secondo periodo dell’art. 37 del Codice della navigazione, è stato soppresso il “diritto di insistenza per il rinnovo delle concessioni”, pensando con questo contentino di poter sostituire la stagione dei rinnovi automatici con quella delle proroghe automatiche. Tale meccanismo, evidentemente contrario al principio dell’imparzialità, della trasparenza e della pubblicità delle procedure di selezione dei concessionari, è contestato dalla Ue e dichiarato illegittimo dalla Cgue. L’ultima sentenza della Corte di Giustizia della Ue, come prevedibile, ha, semplicemente, confermato la precedente giurisprudenza, riaffermando la illegittimità dei rinnovi automatici delle concessioni demaniali e il potere dello Stato di definire le modalità di applicazione della disciplina dettata dalla Direttiva Servizi nonché di determinare esclusioni nonché requisiti soggettivi e oggettivi, spazi, durata e oneri da porre a base delle procedure di evidenza. La sentenza, con il consueto tempismo dalle nostre parti, giunge in prossimità dell’estate e le temperature, già in salita, rischiano di diventare incandescenti. Credo sia opportuno che questo Governo si occupi oggi di disciplinare in maniera organica il settore, tenendo conto che esso ha significative implicazioni sociali, economiche e ambientali che ne segnalano la specialità.