Opinionista:

Stucchevole e improduttivo il retroscenismo della politica contemporanea. Nell’era postideologica è autolesionismo puro conservare la contrapposizione muro contro muro, ma non le idee che, un tempo, nobilitavano lo scontro. Gli interpreti della predicazione sterile sono tutti quelli che “a prescindere” devono rappresentare la propria alterità attaccando chi sta dall’altra parte. Questo atteggiamento malato ha dimostrato, nel corso degli ultimi due decenni, che può portare, e non sempre, a vincere un’elezione, ma non consolida l’elettorato. I cittadini non possono metabolizzare i contenuti di un alterco politico, al più tifare e per il breve periodo della partita. L’Italia in ragione di tale deriva è sempre più povera di sogni e visione. Alla prova delle grandi svolte una simile attitudine mostra la sua negatività. In questi giorni il nostro Governo è impegnato a Bruxelles nel difficile negoziato sulla revisione del patto di stabilità. La strategia italiana è di ottenere un atterraggio morbido dalle vette di indebitamento autorizzate con la sospensione del patto al ritorno ai parametri rigoristi di Maastricht e del SixPack. L’obiettivo è riuscire a far ragionare gli altri Stati membri mettendo sul tavolo il realismo della sfida economica futura per tutto il continente e la inconcludenza di un sistema di rigide sanzioni. Aggiungerei alla riflessione anche la contraddizione di un meccanismo di tagliole generalizzato. Tale metodo è in netto contrasto con la prima regola del Pilastro della Coesione, che determina in base alle differenze economiche, sociali e territoriali i criteri per definire le diverse politiche di sviluppo di ciascuno stato membro. Il Patto di Stabilità non può rimanere uguale a se stesso mentre il mondo cambia. Peraltro non avendo mai dato prova di effettivo e proficuo funzionamento. La richiesta italiana è di introdurre misure flessibili per raggiungere l’equilibrio dei conti. La polemica politica degli oppositori di governo si limita a tirare i piedi al paese, quasi auspicando l’insuccesso. Non vedo proposte alternative. E direi che non ho visto atteggiamenti virtuosi negli anni passati. Il debito è stato portato alle stelle come se non ci fosse un domani. Invece il domani è oggi o quasi. Dal primo gennaio, se le legittime negoziazioni italiane non dovessero andare in porto, per ripagare il debito si dovrà caricare ogni anno il bilancio con 14/15 miliardi di interessi. Spero fortemente che la linea dell’alleanza con Francia e Spagna perché si applichi il metodo PNRR pianificazione su un periodo medio lungo di azioni di riforma e contemporanea revisione della spesa porti i suoi frutti. Quella che viene rappresentata a Bruxelles è un’Italia europea, capace di coniugare interesse nazionale e progetto comunitario. E dovrebbe capirlo anche la Germania, alla quale non si consentiranno più le macchinose operazioni contabili per abbassare la spesa. Mentre potrebbe convenirle estendere a tutti la regola della esclusione della spesa per investimenti dal calcolo del deficit. Fare opposizione a questa linea non ha senso. Impoverisce chi la fa e i cittadini che la subiscono. Perché anche quando l’Italia avrà vinto la sua battaglia, cosa in cui i più sperano, come per la rimodulazione del PNRR, rimarranno le inutili incomprensibili divisioni a ostacolare il cammino della ripresa.