Opinionista:

Come d’abitudine a fine anno ci confrontiamo con analisi statistiche e collegate classifiche, che definiscono l’andamento del nostro Paese. Con il Sole24Ore otteniamo la misurazione della qualità della vita nelle città della penisola. Il quadro che emerge conferma il Mezzogiorno nelle ultime posizioni. La Campania si colloca tra il 78esimo posto, con Benevento, e il 105esimo, con Napoli. Dall’altro lato l’Istat ci aggiorna sulle performance del mondo del lavoro, segnalando un positivo aumento degli occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato, ma donne e giovani tra i 18 e i 34 anni rimangono ancora indietro e la forbice Nord-Sud non cambia. Questi dati, tra l’altro, ci dicono che i cosiddetti Obiettivi trasversali del Piano di Ripresa e Resilienza sono ancora lontani. Purtroppo l’impostazione del piano tradisce i presupposti sui quali è stato costruito. L’Italia ha ottenuto la cifra più alta di risorse in considerazione della maggiore debolezza registrata sul fronte delle disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali. Ma proprio su tali fragilità il piano non è stato organizzato per target e milestone misurabili. Anche il 40% di risorse per ciascuna misura si è rivelato insufficiente a garantire effettivamente che le risorse arrivino al Mezzogiorno, sia perché non tutte le azioni sono spendibili sul territorio sia perché il meccanismo competitivo non nasce per favorire il riequilibrio dei diritti. Quindi potremo ritrovarci al 2026 ad avere raggiunto risultati quantitativi non qualitativamente apprezzabili. Il problema è che viviamo ancora di una separatezza culturale che impedisce di far uscire il paese dal suo stato di arretratezza socio-economica. Il passo è segnato sempre dal grave differenziale tra una parte e l’altra del paese e da una miope attesa di insuccesso per accaparrarsi la quota di non speso. Donne, giovani e Sud dovrebbero guidare le scelte di investimento. Invece rimangono gregari rispetto alla strategia, le cui sorti, alla fine, vengono affidate, come sempre, a chi ha più capacità. La società meritocratica è quella verso cui tendere, ma prima bisogna rimettere tutti sulla stessa linea di partenza. La rimodulazione del piano è l’occasione per rivedere le direttrici di marcia e per correggere le disfunzioni di sistema. Se il Sud non tiene il passo con il cronoprogramma non si devono delocalizzare gli investimenti, ma rinforzare i suoi punti di debolezza, facendo leva sulla sussidiarietà. Se i giovani non entrano nel mercato del lavoro, vuol dire che le politiche attive vanno potenziate e domanda e offerta di lavoro vanno messe in comunicazione. La presa in carico professionalizzante deve essere finalizzata alla copertura dei posti di lavoro di cui il sistema produttivo ha bisogno. Se le donne faticano a conciliare tempi di vita e di lavoro e il nostro termometro demografico segna temperature troppo basse, lo Stato deve prima di ogni altra cosa introdurre strumenti di welfare efficienti. Queste sono priorità trascurate. Perché nonostante le buone intenzioni, le azioni non sono realisticamente organizzate per raggiungere i risultati. La Zes unica per il Sud va riempita di contenuti, che accompagnino il vantaggio fiscale con la necessità di risolvere il problema della capacità amministrativa del Sud, della sicurezza e della inefficiente infrastrutturazione materiale e immateriale. Il programma di Garanzia per l’Occupazione dei lavoratori, Gol, deve puntare a rendere funzionali alla ricerca di occupazione i Centri per l’impiego, attualmente poveri di operatori e privi di contatti con il mercato. Asili nido e scuole per l’infanzia devono essere programmati in ragione delle prospettive di crescita abbandonando la logica della spesa storica. Il trasporto pubblico locale deve consentire una mobilità certa. Perché tutto questo diventi imperativo categorico vedrei buono e giusto trasformare i generici obiettivi trasversali in target definiti, partendo dai numeri attuali. In Campania le donne tra i 15 e i 64 anni che lavorano sono il 30,4%. Quindi la disoccupazione femminile é quasi al 70% contro quella maschile al 42% (6 delle 7 regioni europee con i peggiori tassi di occupazione femminile sono nel nostro Sud). Il tasso di attività dei giovani tra i 20 e i 34 anni è al 54,4% e quello di disoccupazione ha raggiunto il 23,6% contro il 9,1% nel Centro-nord (Fonte Rapporto Istat Ottobre 2023). Il gap socio-digitale tra Nord e Sud è pari al 4,9% e il deficit infrastrutturale del Mezzogiorno può essere pesato prendendo ad esempio la dotazione di reti ferroviarie che al Sud è del 34% contro il 45% del Nord. Direi quindi di ripartire tenendo di mira non quanto si spende ma quanto si realizza. Non costi storici, ma fabbisogni reali.