Opinionista:

Qualche settimana fa il ministro Salvini, in occasione della presentazione del Piano strategico nazionale, denominato “L’Italia dei Sì”, che non contempla interventi sulle infrastrutture aeroportuali, ha, però, criticato l’esclusione degli aeroporti dal Pnrr. La scelta, dettata, a suo tempo, da una precisa indicazione di Bruxelles, ha riguardato anche strade, porti e spazio. Però mentre questi sono stati recuperati, sotto il profilo finanziario, attraverso il Piano Nazionale Complementare (Pnc), agganciato al Pnrr, ma alimentato esclusivamente da risorse nazionali, gli aeroporti sono rimasti fuori. Nel Pnc troviamo, infatti, Tecnologie satellitari ed economia spaziale, Ecosistemi per l’innovazione, Strade sicure, Sviluppo dell’accessibilità marittima e della resilienza delle infrastrutture portuali ai cambiamenti climatici ed altro. Anche se, senza dubbio, importante è la semplificazione regolatoria introdotta con il decreto legge n. 13/2023, c.d. “PnrrTer”, per favorire la transizione energetica e per aumentare l’autonomia e la resilienza degli aeroporti, un maggiore coinvolgimento del settore nelle linee strategiche di sviluppo contenute nel Pnrr sarebbe auspicabile. Alle porte c’è il decreto legge Pnrr, che il ministro Fitto sta predisponendo per dar seguito al via libera di Bruxelles alla rimodulazione del piano. Sarebbe l’occasione giusta per il Ministro delle Infrastrutture per correggere scelte non condivise. L’iniziativa potrebbe reggersi, in primo luogo, perché gli aeroporti, fuori non solo dal Pnrr, ma anche dalla politica di coesione e, dunque, dall’Agenda 21/27, sono comunque destinatari di misure di finanza indiretta legate agli investimenti di promozione della sostenibilità del trasporto e della decarbonizzazione dei mezzi di trasporto, in particolare con la Missione 3, Infrastrutture per una mobilità sostenibile, e con la Componente C2.2, relativa alla intermodalità e alla logistica integrata. Ad esse potrebbero essere agganciati, in virtù del nesso di complementarietà con quanto previsto nel Piano di Ripresa e Resilienza, investimenti diretti su infrastrutture e aree di sedime aeroportuale. Peraltro, il piano strategico nazionale dell’aviazione civile, presentato da Enac a ottobre 2022, che, a settembre 2023, è ritornato sul tavolo del ministero, articola la propria strategia nazionale su 5 tematiche: sostenibilità, resilienza, innovazione tecnologica e digitalizzazione, cambiamenti climatici e intermodalità in assoluta coerenza con gli obiettivi e le missioni del Pnrr. In tale quadro, tornerebbe centrale il Sud, che, con le sue 6 reti strategiche, potrebbe ottenere risorse per realizzare quegli interventi necessari a recuperare la sostenibilità dei vettori e delle infrastrutture e i divari, in particolare nel settore merci, ancora esistenti tra aeroporti in grado di soddisfare la domanda e aeroporti la cui capacità infrastrutturale attuale risulta insufficiente, ma con un potenziale certo. In secondo luogo, considerati i dati al 30.06.23 forniti da OpenPolis sul raggiungimento degli obiettivi del Pnc, che certificano un preoccupante ritardo su alcune azioni, queste potrebbero essere riorientate verso il settore aeroportuale e le altre riprogrammate sui fondi di coesione. Le esigenze del settore sono imponenti, soprattutto se si considera lo sforzo che allo stesso si chiede in vista del raggiungimento dell’obiettivo della neutralità climatica nel 2050. Credo sia giusto un ripensamento delle linee di intervento, sia nazionali che regionali, e un’accelerazione delle azioni collegate. L’obiettivo della piena sostenibilità del trasporto aereo, che chiama in causa investimenti sia al livello ground che on air, non può essere affidata esclusivamente agli sforzi finanziari tradizionali. Accanto alla sostenibilità ambientale, la mancanza di riferimenti nel piano strategico del Mit al trasporto aereo, segnala una grave disattenzione verso l’altrettanto urgente esigenza di promuovere una maggiore sostenibilità economica del settore, soprattutto nel Mezzogiorno. Il sistema aeroportuale pur non avendo ancora recuperato del tutto le perdite del periodo Covid, nel 2022 sul piano nazionale ha generato, secondo lo studio Nomisma, commissionato da Assoaeroporti, un fatturato di 57,1 miliardi e 324mila occupati, calcolando impatto diretto, indiretto e indotto. In Campania per il solo aeroporto di Capodichino il valore aggiunto su scala regionale è stato stimato nella misura del 4,2%, pari a 4,217 miliardi e a circa 112mila occupati. Numeri ai quali deve aggiungersi una quota considerevole del valore del turismo, con cui si sviluppa un 15% di Pil aggiunto. Numeri sui quali è sensato appoggiare la sfida di un hub internazionale anche nel Mezzogiorno. In tale prospettiva, se la sfida non verrà raccolta dal Governo, in attesa che qualcosa cambi, resta l’opzione del Piano di Sviluppo e Coesione della Campania, che il Presidente De Luca sta ancora negoziando con Roma. Le sei Regioni, che hanno già firmato i loro piani, hanno scelto di dirottare la gran parte degli investimenti infrastrutturali, ivi compresi quelli legati agli aeroporti, verso i Piani di sviluppo e coesione.