Opinionista:

L’apertura del nuovo anno della Giustizia amministrativa a Napoli, con i suoi dati di consuntivo, denuncia un altro malvezzo nostrano. Il presidente del Tar Campania, Vincenzo Salamone, segnala l’eccessivo ricorso al contenzioso, soprattutto da Napoli e Salerno, che è tra i più elevati in Italia e circa otto volte superiore a quello del Tar Piemonte. La buona notizia è che la capacità di assorbimento è tale che l’arretrato non ne risente. Siamo nei tempi medi europei, con una durata del processo di primo grado di tre anni. Essere nella media di durata, nonostante l’affollamento dei ruoli, da un canto ci consente di compiacerci per la qualità del lavoro dei giudici e degli uffici, dall’altro però ci fa rammaricare perché se non fossimo così conflittuali la nostra giustizia amministrativa probabilmente azzererebbe i tempi di attesa. Tre anni per una gara, una concessione, una licenza, un contratto, un’occupazione sono un tempo lungo e oneroso. Il fatto che sia nella media europea consola ma non ripaga. Quando alla scarsa efficienza del sistema si sommano i tempi dei contenziosi il risultato è il freno alla competitività. I contenziosi amministrativi sono, infatti, una delle cause dei ritardi nell’affidamento dei lavori e nel completamento delle opere pubbliche. Fattore rilevante dell’annosa, ma sempre attuale, questione, della nostra scarsa capacità di spesa. Senza dubbio la troppa burocrazia opacizza le procedure, consentendo ai causidici di trovare cavilli da portare davanti ai Tribunali. Cosa che ci riporta a quella condizione di equilibrio instabile tra domanda di investimenti, copertura finanziaria e capacità di spesa in cui si trovano i nostri territori. L’affanno rispetto ai tempi dettati dalla politica di coesione europea e dal severo cronoprogramma del Pnrr risente, dunque, anche di tale nostra tendenza. Uno sforzo per liberare le aule dei tribunali da inutili contese porterebbe un indubbio vantaggio alle casse dello stato e un altrettanto certo stimolo all’economia generale. La soluzione non può essere quella di demandare alla giustizia scelte che competono ad altri livelli di responsabilità. I giudici non possono sostituire l’azione amministrativa ne tanto meno il potere politico.