Il tema dei temi in città è la riqualificazione del rapporto tra pubblica amministrazione, imprese e comunità. Da non lasciar cadere le importanti aperture del sindaco Manfredi. Le grandi incompiute – Napoli Est, Bagnoli, Scampia, – tornano sui tavoli grazie all’indicazione a fare presto e bene, che viene dalla rivoluzionaria e irripetibile programmazione per la ripresa post shock economico e la prova di resilienza alle avverse condizioni di contesto stratificatesi nei decenni. Ma proprio in ragione di questi obiettivi quadro, il Pnrr impone che le azioni di sviluppo siano frutto di un processo di animazione sociale, di partecipazione attiva e di condivisione che coinvolga tutti gli attori del territorio.

Un principio cardine della politica di coesione purtroppo mai troppo applicato da noi. Questa mancanza rappresenta una delle cause delle scarse capacità realizzative delle opere pubbliche. La separazione tra chi decide, chi realizza e chi è destinatario dell’intervento pubblico alimenta fratture insanabili e crea centri di interesse diversi. Promuovere l’armonia tra tali posizioni è la strategia per strutturare convergenze produttive e costruire spazi urbani sostenibili dal punto di vista economico e sociale. Il Pnrr è uno strumento di educazione all’uso efficiente delle risorse,

mentre viene vissuto prevalentemente nella sua dimensione finanziaria. In tale direzione va la determinazione in esso contenuta a includere tra le misure di metodo l’incentivo a iniziative di partenariato pubblico privato. Da un canto il soggetto pubblico deve imparare a fidarsi di più del privato, superando nei fatti l’antica diffidenza. Dall’altro, il privato deve essere proattivo e responsabilizzarsi. Su questo mix virtuoso punta la cultura economico-finanziaria europea.

(E su di essa si è ormai sintonizzata anche l’Italia.) Oggi c’è un fondo di fondi per la riqualificazione urbana finalizzato a dare sostegno a promotori privati e partnership pubblico-privato che partecipano ai progetti per il risanamento urbano. (Sul fondo viene impegnata la Banca Europea degli Investimenti – BEI. Il modello è quello introdotto con il cd Piano Junker, oggi trasformato in InvestEu, dove in collaborazione con la Commissione Europea, la Bei mette a disposizione delle imprese prestiti garantiti dalla copertura Ue, in maniera diretta o attraverso intermediari finanziari).

Il fondo è stato istituito con l’accordo di finanziamento tra la Bei e il Ministero delle Finanze, siglato lo scorso anno, e copre la garanzia dei finanziamenti necessari a quei promotori privati che intendano “sviluppare investimenti tesi al miglioramento delle aree urbane degradate, per la ri-

generazione e rivitalizzazione economica, con particolare attenzione alla creazione di nuovi servizi alla persona e alla riqualificazione dell’accessibilità e delle infrastrutture, permettendo la trasformazione di territori vulnerabili in città intelligenti e sostenibili”. (L’iniziativa copre un vuoto serio nel nostro paese. La dimensione media della impresa italiana non ha consentito di attingere agli strumenti messi a disposizione dalla Bei o dal Fei – Fondo Europeo degli Investimenti – con il Piano Junker, oggi InvestEu. Da un lato perché la soglia per l’ingaggio della Banca Europea per

gli Investimenti è molto elevata, dall’altro in quanto la limitazione a interventi su infrastrutture sostenibili, ricerca e innovazione del Fondo Europeo per gli Investimenti, pari a 9,6 miliardi, lo ha reso poco appetibile rispetto ai contributi a fondo perduto, in primis il 110%).

Il Fondo nazionale per la riqualificazione urbana utilizza fondi Pnrr; per questo, come da regola generale, il 40% di essi deve essere dedicato al Mezzogiorno. Le risorse, gestite dalla Bei attraverso Banche, intermediari finanziari o Cassa Depositi e Prestiti, devono essere destinate prioritariamente a rafforzare i Piani Urbani Integrati delle 14 Città Metropolitane, sostenendo progetti dei privati volti a valorizzare la rigenerazione urbana sostenibile, la rivitalizzazione economica, l’inclusione sociale, l’efficienza energetica e l’innovazione digitale.

In conclusione sembra ci siano tutte le condizioni per operare una significativa svolta anche a Napoli e una conseguente accelerazione dei processi: la volontà politica è stata espressa, il sostegno finanziario c’è e la volontà dei privati pure. La partenza deve solo essere organizzata fun-zionalmente ad un tavolo tra parti pubbliche, parti private, terzo settore e Cdp perché la bontà delle premesse non sia vanificata da fughe in avanti solitarie o da emarginazioni tattiche.

ERMINIA MAZZONI