Politica declinante verso il voto. Le vicende giudiziarie, che nelle ultime ultime settimane hanno toccato la politica, sono il peggior viatico per una campagna elettorale. Sta per iniziare la corsa per il rinnovo del Parlamento Europeo e la credibilità di partiti e candidati viene dubitato. Il rituale è sempre uguale a se stesso. La presunzione di innocenza cede il passo alla condanna della pubblica opinione. Tra abiure e dimissioni si cerca di allontanare il discredito, isolando i casi singoli. La questione però non riguarda un comportamento individuale, ma un costume legato a pratiche di ricerca del consenso, appannate da una competizione, che, non potendo alimentarsi di ideali, sopperisce con quel che può. E nascono pratiche di sensibilizzazione degli elettori che stimolano la cultura del sospetto. Come di consueto, si dice che la giustizia dovrà fare il suo corso, ma nel frattempo il giudizio condiziona le scelte. La politica è sempre più debole. La struttura magmatica e mutevole dei partiti non gode dell’affidabilità di una classe dirigente fidelizzata dalla militanza. E questo è un tema generale che tocca i principi fondamentali su cui dovrebbe basarsi il vincolo della rappresentanza. Un principio è un principio. La morale non ha una sua stagionalità e non è faziosa. Invece dalle nostre parti, e non solo nel nostro sud, i principi vanno e vengono. La loro declinazione assume desinenze diverse a seconda del tempo. In questo periodo il sospetto giudiziario colpisce esponenti politici di sinistra, con le consuete prese di distanza di quelli che stanno dall’altra parte. Così facendo non colmeremo mai la distanza tra eletti ed elettori che sta riducendo progressivamente la partecipazione al voto. La politica dovrebbe farsi carico delle propria rifondazione partendo da un patto sulla qualificazione delle sue articolazioni. Alimentare le tempeste giudiziarie con accuse reciproche per guadagnare un temporaneo vantaggio elettorale precarizza la democrazia. Stupirsi ogni volta che un’azione giudiziaria viene data in pasto alla comunicazione non è una reazione responsabile. Non è mai troppo tardi per ripartire con il piede giusto. Siamo tutti parte del sistema e per questo dovremmo accettare regole comuni di ingaggio che restituiscano valore all’impegno politico.
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