La presentazione della prima Relazione di Banca d’Italia dell’era Panetta ha prodotto grande impatto, per concretezza dell’approccio ed efficacia del messaggio. Il Governatore più che per l’annunciata riduzione dei tassi è stato citato e ripreso nelle sue conclusioni, laddove definisce la strategia del prossimo futuro per il nostro paese: abbattere il debito e investire sul Sud. Tutti i commentatori hanno puntato l’attenzione sul debito; dalla mia latitudine sento di dover guardare al secondo elemento. Il Mezzogiorno è naturalmente inquadrato come un grave problema, radicato e di difficile soluzione, ma “ineludibile per la politica economica”. E la soluzione c’è. Investire sui talenti, sul capitale umano, valorizzare giovani e donne, puntare su sviluppo tecnologico e ricerca per promuovere la crescita demografica e dell’impresa. Questa è la ricetta per un riscatto possibile, che consenta di superare l’oneroso divario. Su tale fronte possiamo dire con onestà che la strada è già avviata. “Ad aprile 2024, rispetto al mese precedente, aumentano gli occupati, diminuiscono i disoccupati e rimangono sostanzialmente stabili gli inattivi.”. Quindi continua gradualmente ad alzarsi l’asticella del lavoro in Italia. E, benchmark interessante, la maggiore crescita si registra nelle regioni meridionali. Il Sud con il suo 1,6% batte il Nord di uno 0,2%. Il tendenziale è buono, il dato statico conferma, però, una distanza di 21 punti percentuali tra Nord e Sud, che aumenta se ad essere valutati sono i numeri della occupazione femminile e di quella dei giovani tra 15 e 24 anni. Le rilevazioni Istat inducono, dunque, a pensare positivo. Ma la forza del pensiero non basta. È l’agire positivo che conta. Se l’occupazione, in particolare quella da lavoro dipendente a tempo indeterminato, cresce e la disoccupazione scende in Italia vuol dire che il mix di politiche attive, fatto dei tradizionali strumenti di formazione e aiuto alla ricerca del posto e di incentivi all’assunzione, da i suoi frutti. Non va dimenticato, però, che decisivo è, a oggi, il potenziale di investimento, che il Pnrr garantisce per i prossimi due anni. Infatti, molti degli strumenti agevolativi non hanno carattere strutturale, ma sono legati alla programmazione del piano di ripresa o, per una parte, alla programmazione dei fondi di coesione. L’obiettivo strategico fissato dal Governatore di Banca d’Italia richiede di più. Non si può fare del Sud, come del debito pubblico, uno dei tanti obiettivi dell’azione di Governo e men che meno un obiettivo stagionale. Debito e sud devono diventare gli assi strategici della visione politica. Le priorità devono essere declinate in ragione del loro superamento, se si vuole confermare le proiezioni di crescita del Pil nazionale dello 0,6% nel 2024, dell’1% nel 2025 e dell’1,2% nel 2026. Perché, concetto ancora non maturo nonostante l’insegnamento degli anni della Cassa del Mezzogiorno e del boom economico, se non si investe nella coesione sociale, economica e territoriale del paese e si superano le disuguaglianze, l’economia nazionale non potrà mai ambire ad essere competitiva. Ritorna, dunque, con un’autorevolezza indiscutibile, il tema del Mezzogiorno quale leva per far uscire l’Italia dalla bolla nella quale si trova dal 2008. I due anni che ci restano per concludere l’esperienza della resilienza per la ripresa dovranno essere utilizzati per restituire le risorse distratte dal Sud. Il 40% dei fondi del Pnrr deve essere investito nelle regioni meridionali, anche se questo dovesse richiedere un commissariamento degli enti territoriali. I fondi di coesione devono essere finalizzati e non dispersi in piccole concessioni compiacenti. Anche la politica deve dar prova della propria resilienza e guardare un po’ più in là. Oggi si rinuncia a qualche facile consenso per averne di più domani.
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