Dopo un’estate trascorsa, come di consueto, all’ombra di indiscrezioni e pettegolezzi, usati per tenere fresche le menti dei lettori, inseguendo possibili rotture tra le forze di maggioranza, il Governo è ripartito, deludendo le attese, dal programma e dalle priorità di competenza dell’esecutivo. Nomine Rai, Ius Scholae e Balneari, su cui scommettevano i maggiori quotidiani nazionali, nell’annunciare il rientro a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni e il programmato incontro di premier e vice, sono rimaste fuori dall’OdG. A un osservatore attento e non fazioso non sfugge che quei temi sono sui tavoli della politica da sempre e da sempre sono stati usati per riempire i vuoti o per fomentare divisioni. Finche non diventeranno temi della politica alta rimarranno incompiute.
Al di là delle nomine, sulle quali si consumano i rituali di ripartizione, la disciplina del riconoscimento del diritto di cittadinanza agli stranieri e l’attuazione della Direttiva Bolkenstein sono l’emblema della politica degli ultimi 10 anni, più avvezza a promesse e proroghe che ad affrontare i problemi. E non solo. Sulla cittadinanza la sinistra non ha mai chiuso il cerchio, continuando ad usarla strumentalmente di pari passo con la gestione dei flussi migratori. Oggi su ingressi e diritti la sinistra europea chiede una regolamentazione che spiazza gli italiani. Mentre sulle concessioni, basta solo ricordare che la prima proroga e tutte le successive alla legge di attuazione della Direttiva approvata dal Governo Berlusconi nel 2010 sono state disposte da Governi (mai eletti!) di sinistra.
La vera questione sul tavolo del governo, che può e deve interessare il paese, è la messa a punto della Proposta Strutturale di Bilancio (PSB, che sostituisce la NaDef), alla quale Giorgetti lavora da tempo, per far quadrare i conti e rafforzare gli obiettivi di crescita, e di riduzione del debito. Credo che anche in questo caso, sia difficile capire come stiano le cose, dalle dichiarazioni dei diversi esponenti politici.
Le critiche sono per lo più speculazioni, perché prive di correlate concrete proposte. Le opposizioni, purtroppo divise, prese dall’urgenza di far sentire la propria voce, anche in vista dei prossimi impegni elettorali, prediligono la formula dello scontro con il nemico e trascurano la costruzione di una seria alternativa. È, infatti, stucchevole sentire, peraltro da chi fino a due anni fa governava, ricette magnifiche per aumentare le voci di spesa per scuola, salute e Sud. I 25 miliardi circa di manovra non possono coprire tutti i bisogni del paese. E questo dovrebbero saperlo tutti. Le scelte che un Governo fa nel corso della procedura di bilancio sono il punto più alto della politica, perché rappresentano il momento in cui si stabilisce un ordine di priorità ispirato, almeno così dovrebbe essere, da un disegno strategico che, per gradi, dovrebbe portare a far scorrere tutto l’elenco delle domande che vengono dai cittadini. In altre parole è il momento della responsabilità! Tali scelte possono essere non condivise, ma non impallinate. Sparare al alzo zero solo perché a decidere è l’altra parte è un malcostume che offende l’intelligenza comune e allontana sempre più l’Italia dalle democrazie compiute.
Vorrei che non cadessimo nella trappola delle estremizzazioni e conservassimo la lucidità per osservare i positivi segnali di ripresa della nostra economia e del mercato del lavoro, sapendo che quel che serve è la stabilizzazione delle politiche che li hanno determinati. Una manovra non è una lista della spesa, è invece un quadro strategico in cui devono essere organizzate lucidamente previsioni di spesa, che, usando la sintesi del Governatore della Banca d’Italia, siano “volte a rafforzare la concorrenza, potenziare il capitale umano, accrescere la produttività del lavoro, aumentare l’occupazione di giovani e donne e definire politiche migratorie adeguate nonché impegni tendenti all’allargamento del mercato unico a energia e tlc e alla riduzione della dipendenza dall’estero per settori strategici come l’alimentare, la salute e la difesa”. Tutto questo tenendo presente che il costo degli interessi sul debito pubblico è oggi di circa 97 miliardi, 4 volte la manovra! Quello che ciascuno di noi dovrebbe fare è ricordarsi che tifare per la caduta di un Governo è insano.