Il commento sul momento della commissione europea.
12 novembre 2024, ultima tornata di audizioni dei commissari designati a far parte della seconda Commissione Von der Leyen. Raffaele Fitto ha gestito con particolare coinvolgimento il confronto, esprimendo tutto il portato della propria esperienza. Ne è scaturita una discussione empatica, che ha visto l’esaminando rispondere con eleganza e compituezza anche alle provocazioni, evidentemente fuori tema. Orgoglioso della propria storia politica, ha scandito più volte la propria consapevolezza che questa non potrà condizionare il futuro ruolo istituzionale, perché è proprio da essa che trae la cultura dell’appropriatezza delle funzioni. La prova della competenza è stata superata senza dubbio. Quella della integrità politica e delle onestà intellettuale altrettanto. Il commissario indicato dal nostro Paese vanta un curriculum quasi trentennale, nonostante la giovane età. Consigliere regionale, presidente di Regione, parlamentare nazionale, parlamentare europeo, ministro. Questo lo rende capace di porsi in maniera consapevole rispetto a tutte le prospettive che il ruolo a cui è chiamato gli imporrà. Neanche i più agguerriti hanno potuto negare tale assunto. Avere la responsabilità della coesione richiede la conoscenza puntuale di norme, regole e procedure europee, e, nel contempo, la capacità di interpretarle avendo chiaro il punto di vista di ciascun soggetto coinvolto. La politica di coesione è uno dei pilastri dell’Unione, è lo strumento principale di costruzione del tessuto comunitario, in quanto promuove il superamento dei divari sociali, economici e territoriali tra Stati e tra cittadini, ed è la politica più trasversale. È la prima volta, come ha tenuto a ricordare il Presidente della Commissione Regi, nel suo discorso di apertura, che il portafoglio coesione viene affidato a una vicepresidenza esecutiva, elevandola al rango della politica agricola. L’audizione di Raffaele Fitto ha, incontestabilmente, sgomberato il campo da incertezze sul possesso dei requisiti per gestire un incarico di così grande portata per l’UE. E tanto dovrebbe bastare soprattutto a Paesi, come l’Italia, che affidano le proprie speranze di crescita sul successo della politica di coesione. È emerso subito, infatti, lo scarso appeal del tentativo, purtroppo prevalentemente italiano, di far cadere il candidato su questioni di politica interna. Mentre di rilevante interesse è stato il chiarimento opportunamente chiesto dal coordinatore dell’S&D in merito al ruolo delle autonomie locali e regionali nella visione della futura politica di coesione. Il sospetto che serpeggiava, legato alla presunta centralizzazione della coesione, operata da Fitto, in qualità di ministro, con il cosiddetto Decreto Coesione, è caduto di fronte alla candida constatazione, che a dispetto della disinformazione diffusa, l’iniziativa, peraltro previamente esaminata e condivisa dalla Commissione Europea, non ha tolto poteri a Comuni e Regioni, ma ha declinato finalmente il principio europeo di sussidiarietà. Sulle prospettive il Commissario in pectore ha snocciolato tutti i grani di un rosario ben noto. Ha rassicurato i membri della commissione sul pieno coinvolgimento del Parlamento Ue nella propria azione, sulla intenzione di aumentare le risorse della politica di coesione, anche in vista dell’allargamento, sulla volontà di ammodernare l’impalcatura regolamentare della coesione per renderla più flessibile, agile e trasparente, e più aderente alle esigenze particolari di isole, periferie e aree rurali, senza trascurare l’esigenza di garantire altresì le peculiarità delle aree urbane. Difficile per gli oppositori italiani trovare motivazioni dignitose per una valutazione negativa sulla candidatura di Raffaele Fitto. La sua appartenenza a un Governo di destra centro è fatto noto, la sua cultura democristiana lo è di più. E come ha più volte ricordato, la Commissione assume le sue decisioni per consenso acquisito dal Presidente o, in caso di richiesta, con votazione a maggioranza semplice. Eventuali divergenze su temi diversi dalle deleghe a lui affidate, non potranno mai incidere sulla operatività dell’organo esecutivo. Ciascun commissario è chiamato a portare avanti il programma della presidenza eseguendo la delega conferita. La speculazione politica non attecchisce.