Rispetto di noi stessi. Questa è la speranza. “2025 anno della Speranza”. Il Santo Padre ha aperto quattro porte sante a Roma per dare una possibilità a ciascuno di varcare la soglia della indifferenza, della violenza e della insipienza. Il mondo è sottosopra. Noi umani non ci riconosciamo più come simili. Anzi. Mostriamo la tendenza a marcare differenze di razza, religione, sesso e cultura. Le guerre devastano territori e vite in Europa, in Arabia, in Africa. La cronaca è oramai prevalentemente nera. E la politica, che dire, affonda sempre più nel vuoto dei valori e degli ideali. I conflitti sono alla base di una retorica democratica che non ha niente a che vedere con la democrazia. Il punto di partenza è molto basso. Ma la speranza ci dovrebbe far pensare che il momento migliore per ricominciare è quando si tocca il fondo. I primi giorni dell’anno purtroppo non sono ancora indicativi del cambiamento. Ma non è nel miracolo che dobbiamo confidare, ma nella volontà di ognuno di compiere il cammino della speranza, per costruire, passo dopo passo, un mondo migliore. Il Giubileo è occasione di perdono e rinascita. “Luci e ombre riguardano anche la nostra Italia” ha detto il Presidente Mattarella nel discorso di fine anno, ricordando sia i successi che le piaghe ancora aperte. In Italia possiamo dirci avanti almeno per la parte relativa ai primi traguardi raggiunti sulla strada della ripresa economica e della equità sociale. Ma tanti altri ancora ci attendono. Il modo migliore per dimostrare di essere consapevoli che è solo la “trama di sentimenti, di valori, di tensione ideale che… ci consentirà di evitare quelle divaricazioni che lacerano la nostra società, producendo un deserto di relazioni, un mondo abitato da tante solitudini”, come ha ricordato il Presidente della Repubblica, sta nel diventare costruttori di ponti e di dialogo. I primi a dover dare l’esempio in questa direzione sono i rappresentanti della nostra classe dirigente, facendo proprio il proposito di incontrarsi sulle idee e di smettere di scontrarsi sulle posizioni. Non fa bene alla comunità il messaggio verboso della politica. Il Rispetto, parola dell’anno scelta dalla Treccani, si guadagna. Occuparsi del bene comune è una missione che spetta agli eletti, non tali per macchinose escogitazioni legislative ma per il consenso largo e convinto che riescono a conquistare. Tutto questo per dire che coltivo la speranza, quest’anno più di altri, di poter ritornare a guardare con rispetto alla classe dirigente della mia terra, della mia regione e del mio paese e di potermi riconoscere orgogliosamente in una società capace di alimentarsi delle differenze e di far tesoro dell’inestimabile patrimonio di valori comuni di cui la Carta Costituzionale è custode.