La proposta della Von Der Leyen non è un piano di riarmo, ma un piano di difesa
Piuttosto che preoccuparci delle divisioni italiane, dovremmo guardare con apprezzamento la unità ritrovata in Ue. Essa è il frutto di una comune consapevolezza della importanza di restituire dignità all’Unione e investire sullo spazio di sicurezza europeo. È stata approvata una decisione “grazie a Trump” non “contro Trump”. Dopo il Covid, Trump è la più grande sollecitazione a serrare i ranghi europei e a riprendere il cammino della unificazione mai concluso da Maastricht.
La pandemia da Sars Covid 2 ha dato vita a una rivoluzione, modificando l’attitudine unionale ad essere un crocevia di risorse finanziarie provenienti dagli Stati Membri e agli stessi redistribuite, sulla scorta delle regole che disciplinano i tre pilastri della politica comunitaria. Le cosiddette Entrate Proprie del bilancio dell’Unione Europea sono rappresentate da prelievi sui bilanci nazionali. Per memoria, ricordo che il Bilancio dell’Ue è finanziato da una quota del reddito nazionale lordo di ciascun paese dell’Ue; dai dazi doganali sulle importazioni da paesi extra Ue; dal prelievo di una quota percentuale dell’Iva riscossa da ciascun paese dell’Ue; da un contributo sulla quantità di rifiuti da imballaggio in plastica non riciclati e da altre entrate, come i contributi di paesi extra Ue a determinati programmi, gli interessi di mora e le multe, nonché eventuali eccedenze dell’esercizio precedente.
Quindi un bilancio asciutto, con zero imprevisti, a partire dal principio secondo cui ogni anno le spese devono essere interamente coperte dalle entrate. Mai prima del 2021 l’Unione aveva esercitato il potere, riconosciuto dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) alla Commissione europea, di contrarre prestiti sui mercati internazionali dei capitali per conto dell’Unione. La operazione di indebitamento approvata dalla Commissione di indebitarsi per raccogliere i fondi necessari a finanziare il piano per la ripresa post-Covid Next Generation Eu rappresenta una pietra miliare. Peraltro, con una esposizione di lungo termine, in quanto il rimborso delle obbligazioni è programmato per il 2058.
L’iniziativa ha affrontato per la prima volta in termini concreti iltema del debito comune, che, da allora, è presente sui tavoli europei, in termini di prospettiva concreta. Il rapporto Draghi aveva e ha tra le sue principali linee di indirizzo quella relativa alla sistematizzazione di una forma di debito comune per rispondere non solo alle emergenze, ma anche a una domanda crescente di rafforzamento della produzione interna e del mercato. L’invasione di Trump nella nostra politica interna e di vicinato rompe un altro tabù europeo, che direi quasi inviolato dai tempi di De Gasperi: la politica di difesa comune. L’Ue, a oggi, non ha ancora una politica comune né di difesa né di intelligence, ma finalmente si confronta su una strategia comune e, di conseguenza, ragiona di sostegno finanziario alla industria degli armamenti. Circa 70 anni fa l’Italia di De Gasperi subì l’affronto da parte di Parigi della mancata ratifica del trattato istitutivo della Comunità europea di difesa, la CED.
Il Trattato, firmato a Parigi il 27 maggio 1952, fu affossato proprio dalla Francia, pochi mesi dopo la morte dell’allora Presidente del Consiglio Italiano. De Gasperi, però, aveva già capito quale sarebbe stato l’epilogo, come lucidamente testimonia un suo scritto a Fanfani, nel quale esprimeva il proprio rammarico “Che una causa così decisiva e universale sia divenuta oggetto di contrattazione ministeriale proprio tra gruppi democratici e gruppi nazionalisti, che sognano ancora la gloria militare degli imperatori è veramente spettacolo desolante e di triste presagio per l’avvenire”. Lo statista trentino previde allora “alcuni lustri” per giungere alla costituzione della Ced, pensandosi pessimista. Invece sono stati molti di più di alcuni i lustri trascorsi.
La proposta della Von Der Leyen non è un piano di riarmo, ma un piano di difesa. E immagina risorse per personale, strutture e mezzi di difesa, che, come per il Pnrr, verranno finanziati facendo debito sui mercati e (speriamo di no) rifinalizzando parte delle risorse non spese sia del Ngeu che dei fondi Sie. L’approvazione da parte del Parlamento Europeo, a larga maggioranza, è un segnale decisivo. L’ipocrisia della reazione di quelli tra gli italiani che hanno votato contro qualifica la considerazione che hanno dei cittadini. Il punto di rottura perquesti signori sarebbe che la proposta della Presidente della Commissione europea non prevede formali impegni europei ma solo linee di indirizzo comuni cui gli stati dovrebbero uniformare le proprie politiche, facendo debito.
Come potrebbe essere diversamente se il Pilastro della Difesa Comune non è stato mai costruito. L’Ue non ha competenza in materia di difesa comune, perché la politica è ancora appannaggio dei singoli stati. Ma non può non dirsi, che a Trattati invariati, quella delineata sia la migliore e più efficace azione possibile. L’Unione si schiera in maniera compatta al fianco della Ucraina, prende atto della esigenza di costruire una linea di difesa comune e attrezza risorse e strategie per poter percorre questa strada. La Piazza “15 Marzo”, in quanto manifestazione di democrazia e partecipazione, è il segnale di un sentimento europeo più diffuso di quanto si possa pensare.
Ma rimane pur sempre una piazza, che, al di là delle intenzioni non partigiane dei promotori, ripetute, a più riprese, da Michele Serra, viene sempre colta come evento fuori e contro il Palazzo. Sono convinta che quello compiuto a Strasburgo sia stato, invece, un passaggio che ricorderemo nella storia del completamento dell’Unione Europea dei Popoli e, forse anche, nel ridisegno di convergenze politiche nuove.