Sulle spese militari nessun tentennamento di fronte alla incalzante richiesta della Nato
La vicenda dolorosa della quale, volenti o nolenti, siamo parte, è un banco di prova importante, perché è nei momenti difficili che si misura la vera qualità delle persone. Ma se quello di ieri era un primo test, siamo arrivati impreparati. Indifferenti alla minaccia di un conflitto internazionale, che richiederebbe un registro di dialogo più elevato, le opposizioni al Governo, pur professandosi pacifiste, propendono sempre e comunque per lo scontro e per l’invettiva. Più impegnati a colpire l’avversario che a ricercare punti di incontro, le minoranze sono state facile preda di amnesie e contraddizioni e hanno lasciato un preoccupante vuoto democratico.
I banchi delle opposizioni erano poco popolati, a dispetto della narrazione sulla violazione dei diritti di rappresentanza e sulla esigenza di maggiore coinvolgimento degli eletti nelle decisioni rilevanti. In Parlamento, la Premier Giorgia Meloni ha informato le Camere e, attraverso esse, il paese su quanto accaduto in Iran e su errori commessi e scenari futuri, tratteggiando con puntualità la linea tenuta sino a oggi e quella futura. Il tratto dell’intervento del capo del Governo italiano è stato istituzionale. Nessuna sbavatura, anche nella replica. Il nostro paese è impegnato sui tavoli negoziali che contano, per sostenere la ripresa della via diplomatica. L’iniziativa del Presidente Trump si è svolta al di fuori di ogni regola e contro le norme del diritto internazionale e del diritto interno degli Stati Uniti.
Questo non modifica i fondamentali nella nostra collocazione all’interno del quadro globale. L’Italia ripudia la guerra ed è presente direttamente e attraverso Nato e Onu nonché con il sostegno a Unicef e Oms nei teatri di guerra, per sostenere e proteggere i civili e i militari italiani e le popolazioni coinvolte. Il dovere di una nazione democratica è di non perdere di vista la priorità della pace. La risoluzione di maggioranza prevede un rinnovato impegno a ricercare una sintesi europea sulle azioni da intraprendere, ricordando l’insegnamento degasperiano che individuava nell’Europa Unita l’unico baluardo vero per la pace, per scongiurare l’aggravarsi delle tensioni e, nel contempo, per tutelare gli interessi politici, economici e sociali dell’Italia. Il messaggio, senza alimentare allarmismi deteriori, ha offerto le risposte dovute, chiarendo che l’Italia non ha partecipato agli attacchi e non lo farà in futuro, ma precisando, con grande senso di responsabilità e profondo rispetto per ciascuno di noi, che non si può respingere la guerra senza attrezzare una compiuta linea di difesa del paese.
Sulle spese militari nessun tentennamento di fronte alla incalzante richiesta della Nato di portare l’impegno al 5%. Il Paese si è impegnato, con il Governo Renzi, a raggiungere il 2% del Pil, impegno confermato dal Premier Conte nel 2018, al quale la Meloni non si sottrae, nonostante la situazione mutata e le pressanti esigenze che vengono dalla comunità internazionale. Sul punto incisivi i passaggi della Premier sulla contrarietà del Governo a distogliere risorse dalla politica di coesione. Alla guerra reagisce con più forza un paese sano che non un territorio povero e privo di infrastrutture materiali e immateriali, necessarie a garantire altresì l’approvvigionamento di materie prime. Il doveroso passaggio alle Camere ha consegnato al paese la certezza di una guida sicura e solida, per niente incrinata dalla posizione scomposta delle minoranze, arrivata persino a proporre (vedasi risoluzione 5Stelle) il ritorno a una collaborazione con la Russia. E questo ci aiuta ad affrontare la complessità del presente. Per il futuro sarà necessario attrezzarci perché la strada verso una democrazia responsabile è ancora lunga